Non una vettura reale, ma un progetto virtuale/digitale.
La Ferrari ha presentato la Ferrari F76: «la prima automobile creata esclusivamente per il mondo digitale sotto forma di NFT». Il nome scelto? F76, in omaggio al 76° anniversario della sua prima vittoria alla 24 Hours of Le Mans, ottenuta nel lontano 1949 con la 166 MM.

Ok, respiriamo. Non c’è una vettura reale da guidare, non c’è un V12 che romba: è un progetto virtuale, ideato dallo Styling Centre di Ferrari, con doppia fusoliera, canale centrale, design generativo, tutto quanto hi-tech.


Sotto un certo profilo: innovativo. Sotto un altro: lontano da ciò che molti associano al “vero” spirito Ferrari.
Ma cosa significa davvero, perché lo fanno, e soprattutto: ha senso per un marchio come Ferrari?
NFT, Cosa sono questi sconosciuti e perché ne parlano anche le case auto?
Prima di capire cosa sia questa “Ferrari virtuale”, vale la pena chiarire un concetto: NFT.
La sigla sta per Non-Fungible Token — in italiano “gettone non fungibile”.
Tradotto in parole semplici, è un certificato digitale di proprietà che vive su una blockchain (una rete informatica decentralizzata e sicura).
Serve per dire: “questo file, questa immagine, questa musica, questo oggetto digitale è unico, e appartiene a me”.
In pratica, è come se un quadro digitale avesse il suo certificato d’autenticità inciso a fuoco dentro internet.
Lo puoi comprare, rivendere, collezionare.
E quando il brand che te lo vende è Ferrari, significa che ti porti a casa — virtualmente — un pezzo ufficiale della sua storia.
Negli ultimi anni i marchi di lusso hanno iniziato a sperimentare gli NFT per creare oggetti da collezione esclusivi: da Lamborghini a Porsche, passando per Bugatti e ora Ferrari.
L’obiettivo? Espandere il concetto di possesso, trasformando anche l’universo digitale in una nuova forma di status symbol.
Il problema — e lo dico da appassionato, non da analista — è che qui si rischia di confondere l’emozione con il file.
Perché una cosa è stringere il volante di una 812 Superfast, un’altra è possedere un file 3D nel metaverso.
Cosa sappiamo finora
Ecco i punti salienti:
- Il progetto è totalmente virtuale: la F76 non verrà prodotta come vettura reale, bensì esiste come asset digitale, sotto forma di NFT.
- Il suo design è firmato dallo Ferrari Styling Centre, guidato da Flavio Manzoni: “un manifesto di design che prefigura le forme delle Ferrari del futuro”.
- Alcuni tratti stilistici: doppia fusoliera, canale centrale che trasforma il corpo vettura in ala, soluzioni di aerodinamica estrema, generative design (algoritmi).
- Fa parte di un programma chiamato Hyperclub, riservato ai clienti esclusivi: personalizzazione digitale, drop limitati, esperienze digitali col brand.
Perché lo fanno
- Branding e futuro digitale: Ferrari non vuole essere solo ingranaggi, scarichi e gomme che fumano (anche se lo vuole, eccome). Vuole entrare nel nuovo mondo: metaverso, NFT, asset digitali.
- Nuove fonti di ricavo: vendendo asset digitali esclusivi, personalizzazioni, esperienze “virtual-club”, può aprire un canale di business supplementare.
- Coinvolgimento esclusivo per il cliente ultra-premium: per chi ha già tutto, “possedere” qualcosa di digitale unico può essere un’ulteriore leva di esclusività.
- Sperimentazione design/tecnologia: usare il digitale per esplorare forme, concetti, generative design che nella realtà costerebbero troppo o sarebbero troppo estremi.
Innovazione sì, ma con i piedi per terra
Mi piace che Ferrari stia osando. Mi è piaciuto leggere del progetto F76. Ma allo stesso tempo, come appassionato, mi chiedo: “Dove resta il motore?”
Ecco dove arrivo con il mio ragionamento — e perché lo trovo un po’ “scempiaggine” nel contesto automobilistico (almeno così come lo concepisco io).
- Dove sta l’auto vera?
L’auto “non esiste” nel senso tradizionale: nessun motore, telaio reale, prestazioni sul mondo reale. È un concept digitale. Ora: nulla contro i concept puri, ma quando una marca come Ferrari chiama “F76” — che richiama la nomenclatura delle supercar iconiche (F40, F50…) — ci si aspetta un’auto “vera”, roba che ruggisce e va. Qui, invece, abbiamo solo “digitale”. Per me è un po’ come vendere un sogno senza possibilità di strada. - NFT e “asset digitale esclusivo”
La parte “collezionabile digitale” – cioè che solo certi clienti, nell’ambito dell’Hyperclub, potranno avere la loro versione personalizzata – ha senso come payoff marketing (“esclusività”), ma mi lascia freddo sul piano della passione automotoristica: se non la puoi guidare, toccare, sentire, l’auto quanto “auto” è? Sembra più un gadget digitale che una vettura. - Messaggio al “vero fan” Ferrari
Ferrari è, per molti di noi, motore, sound, odore, medicina dell’auto. Quando lanciano una cosa che rinuncia a tutto quello – e lo giustificano con “futuro digitale” – temo che si perda un po’ l’identità. Capisco l’innovazione, capisco che il mercato sta andando digital-first, ma qui mi sembra che la tradizione rischi di essere sacrificata un po’ troppo. - Tempistica e “moda NFT”
Gli NFT, la blockchain, “asset digitali” hanno avuto un boom, poi c’era stato un rallentamento. Mi chiedo: è una scelta davvero strategica, o una moda “tendenza da marketing” che rischia di invecchiare male? Se tra 2-3 anni nessuno ne parla più, che valore avrà questo “asset esclusivo digitale”?
Quali possibili lati positivi
Per completezza, ci sono anche aspetti che possono essere interessanti:
- Il fatto che la Ferrari ci provi con nuovi formati, che esplori “mondi digitali” può essere visto come evoluzione – magari servirà per giochi, simulazioni, metaversi o esperienze virtuali.
- Il design “generativo”, “parametrico” può influenzare modelli reali futuri; magari parti di questa F76 serviranno come laboratorio per auto reali.
- Per un collezionista digitale, può avere senso: è un oggetto da “possesso esclusivo” in un mondo nuovo.
Se fossi al tavolo del marketing della Ferrari direi: bel colpo, ma attenzione a non perdere la magia che ha costruito il brand. Il digitale può amplificare la passione, non sostituirla. E soprattutto: deve essere un ponte verso il reale, non un parcheggio definitivo in un mondo solo virtuale.



