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Ferrari Elettrica: il giorno in cui Maranello accese la scossa

C’è un momento preciso, nella storia di ogni costruttore, in cui il futuro smette di essere una teoria. Per Ferrari, quel momento è “quasi” arrivato: la Elettrica, prima vettura a zero emissioni nella storia del Cavallino, è la prova concreta che anche a Maranello il ruggito dei dodici cilindri sarò affiancato dal sibilo del magnete.

Non è solo una nuova macchina. Perché se una casa come Ferrari decide di costruire un’auto elettrica, non lo fa per adeguarsi alle normative europee: lo fa per dimostrare che può continuare a dettare le regole anche in un mondo che non ha più il profumo della benzina.

Un progetto nato da zero

Quando John Elkann e Benedetto Vigna confermarono lo sviluppo della prima Ferrari full electric, molti pensavano a un adattamento: una SF90 privata del V8, o una Purosangue elettrificata. Invece no. La Elettrica è un progetto completamente nuovo, costruito su un’architettura dedicata, pensata esclusivamente per i futuri modelli a batteria.

Il telaio, mostrato poche settimane fa nella sede di Maranello, è un concentrato di ingegneria. Si tratta di una struttura modulare in alluminio ad alta resistenza, capace di integrare la batteria nel pianale come elemento portante. In sostanza, la batteria stessa diventa parte integrante del telaio, contribuendo alla rigidezza torsionale e abbassando ulteriormente il baricentro.

Il risultato, stando ai dati diffusi, è sorprendente: un baricentro più basso di circa otto centimetri rispetto a quello di una 296 GTB e una distribuzione dei pesi quasi perfetta tra i due assi. È un approccio radicalmente “Ferrari”: partire dalla dinamica, e costruirci intorno tutto il resto.

Potenza da record, con cervello integrato

Non si conoscono ancora le cifre ufficiali, ma i numeri che circolano bastano a farsi un’idea: la Ferrari Elettrica supererà i mille cavalli complessivi, erogati da quattro motori elettrici indipendenti, uno per ruota. Una soluzione che permette un controllo della trazione e dell’assetto istantaneo, con un torque vectoring più preciso di qualsiasi differenziale meccanico.

Il sistema lavora in sinergia con un software sviluppato internamente a Maranello, in grado di calcolare in tempo reale la coppia ideale su ogni ruota in funzione di aderenza, carico laterale e accelerazione. È un modo completamente nuovo di interpretare la sportività: non più una potenza “da domare”, ma una forza che si lascia gestire con naturalezza, amplificando la sensazione di connessione con la macchina.

La batteria — una unità da circa 120 kWh — adotta un’architettura a 800 volt e promette tempi di ricarica ridotti grazie a una potenza massima di circa 350 kW. L’autonomia stimata si aggira oltre i 530 chilometri, un valore che, per un’auto con queste prestazioni, è un risultato notevole.

Ma non è la distanza a contare, quanto la coerenza del comportamento termico e prestazionale. Ferrari ha lavorato in modo maniacale sulla gestione delle temperature, sfruttando canali di raffreddamento interni al telaio e un sistema di fluidi dedicato a batterie, motori e inverter. L’obiettivo non è solo evitare il surriscaldamento, ma garantire prestazioni costanti anche dopo diversi giri in pista — dove la maggior parte delle elettriche, oggi, cede inevitabilmente potenza.

Un suono che non imita, ma interpreta

C’era un timore, tra i puristi: una Ferrari senza rombo sarebbe ancora una Ferrari? La risposta di Maranello è netta: sì, ma non cercando di imitare il passato.

Il team ha infatti sviluppato un sistema acustico che amplifica le frequenze reali del powertrain elettrico, trasformandole in un suono autentico, dinamico, che cambia con la velocità e il carico. Non un altoparlante artificiale, ma una cassa armonica meccanica che sfrutta il corpo vettura come risonatore. L’obiettivo non è riprodurre il V12, ma creare una nuova identità sonora.

È una scelta coraggiosa e, allo stesso tempo, coerente con la filosofia Ferrari: non simulare, ma emozionare.

Stile, proporzioni e filosofia

L’aspetto finale non è ancora stato mostrato, ma alcune proporzioni sono ormai definite: dimensioni prossime ai cinque metri, impostazione da coupé 2+2, con linee pulite e muscolari. Si parla di un linguaggio stilistico nuovo, più essenziale, dove aerodinamica e funzione si fondono.

Le prime anticipazioni mostrano prese d’aria attive e superfici fluide, senza eccessi. L’efficienza aerodinamica sarà cruciale, ma non a scapito della personalità. E all’interno, si dice che la mano di Jony Ive (l’ex designer Apple) abbia contribuito alla definizione di un abitacolo minimalista e tecnologico, dominato da materiali naturali e da un’interfaccia essenziale.

Niente touch invadenti, ma comandi fisici dove servono. Una sorta di ritorno alla semplicità, reinterpretata in chiave moderna.

La sfida del peso e la gestione della massa

Il tallone d’Achille di ogni auto elettrica è la massa. Anche per Ferrari il problema non è trascurabile: con una batteria così capiente, la Elettrica supererà con tutta probabilità le due tonnellate. Ma gli ingegneri di Maranello stanno affrontando il tema con la stessa ossessione con cui in passato cercavano cavalli dai dodici cilindri.

L’uso di alluminio riciclato, di materiali compositi e di sospensioni attive di ultima generazione è parte del piano per ridurre e gestire il peso. Non si tratta solo di limare chili, ma di renderli invisibili alla guida, bilanciandoli in modo che la vettura si comporti come una sportiva leggera.

Chi ha potuto osservare la struttura del telaio da vicino parla di un lavoro d’artigianato industriale senza precedenti, dove ogni componente ha una funzione precisa, nulla è decorativo.

Una strategia prudente ma decisa

Ferrari sa bene che il mercato delle supercar elettriche non è ancora maturo. I numeri di Porsche Taycan, Lotus Emeya o Maserati GranTurismo Folgore mostrano che la domanda c’è, ma è ancora molto molto limitata. Per questo la Casa di Maranello procede con cautela: la Elettrica sarà l’apripista, ma non l’unica.

Entro il 2030, Ferrari prevede una gamma composta per il 40 % da modelli termici, 40 % ibridi e 20 % elettrici. Una transizione controllata, lontana da ogni forzatura ideologica. L’elettrico è una scelta tecnologica, non politica.

Il secondo modello a batteria, inizialmente previsto per il 2028, è già stato posticipato: segno che a Maranello preferiscono la perfezione alla fretta. E, in un certo senso, è un bene: un’auto elettrica con il Cavallino sul cofano deve essere impeccabile, non semplicemente “alla moda”.

Identità e rischio

Il pericolo più grande per Ferrari non è tecnico, ma filosofico: riuscire a trasmettere emozione senza suono, senza vibrazione, senza la meccanica che pulsa dietro le spalle del pilota.
In fondo, questa Ferrari Elettrica non sarà un addio al termico — perché il termico, a Maranello, non se ne andrà mai davvero — ma è la prova che anche loro sono costretti a piegarsi al tempo. È un cambio di linguaggio, sì, ma non per scelta poetica: per sopravvivenza industriale.

Si può fare una Ferrari senza un motore? Sicuramente sì, tecnicamente, e ce lo stanno facendo vedere. Ma una Ferrari senza rumore è un po’ come una sinfonia senza orchestra: ti resta la melodia, ma non la pelle d’oca.

La vedremo, la guideremo, e probabilmente sarà un missile. Ma la vera domanda è se riuscirà a far battere il cuore come una 812 Competizione, o anche solo come una 458 Italia. Perché puoi avere mille cavalli elettrici, il torque vectoring, la batteria strutturale… ma se quando scendi non hai le mani che tremano, allora non è la stessa cosa.

Ferrari sta per entrare nel mondo dell’elettrico con l’eleganza di chi non può farne a meno, più che con l’entusiasmo di chi vuole farlo. E questo, forse, è il dettaglio che fa la differenza.
Vedremo se riuscirà a trasformare la necessità in emozione. Ma fino a quel momento, il rumore di un V12 resterà — per molti di noi — l’unico vero suono di Maranello.

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